Attilio Lasta. La vita e l'arte attraverso documenti inediti

Un affascinante viaggio alla scoperta del pittore lagarino Attilio Lasta, attraverso documenti, cartoline e lettere inedite, che ne ripercorrono le vicissitudini esistenziali e artistiche lungo tutto l’arco della sua vita.Inaugurazione: mercoledì 12 febbraio ore 17.30

Mostra a cura di Warin Dusatti.

In collaborazione con il Circolo Culturale Numismatico Filatelico Roveretano

Dal 12 febbraio al 1 marzo, alla Biblioteca civica Girolamo Tartarotti di Rovereto, è possibile vedere una selezione di documenti, cartoline e lettere che ripercorrono la vita del pittore Attilio Lasta, nato a Villa Lagarina nel 1886 e ivi morto nel 1975. La ricca esposizione, ordinata temporalmente, illustra i passaggi significativi del cammino esistenziale del Maestro. Carichi di memoria sono i diplomi che compongono la prima parte del suo percorso artistico; dall’attestato di licenza alla Scuola Popolare del 1900, fino a quello del collegio di Anras, nel Tirolo orientale, di artigianato e pittura del 1901. Curioso è, invece, l’attestato di frequentazione del corso di ragioneria del 1906: una piccola parentesi verso la meta agognata della pittura come espressione del talento, ma anche come lavoro quotidiano.

Nella vivace Villa Lagarina, le personalità di rilievo, sensibili all’arte ed ai loro esponenti, si rivelano con lettere accorate e sincere. E’ il caso del conte Carlo Marzani che, nello scritto del 1910, tesse le lodi del giovane lagarino, evidenziando la sua “disposizione non comune per l’arte”. Questa “raccomandazione”, dall’esatto significato grammaticale, è forse il miglior diploma per il giovane Attilio, ormai riconosciuto come pittore. Ne è testimonianza la lettera dell’Accademia Roveretana degli Agiati del 1910, nella quale viene espressa la piena soddisfazione per l’egregio lavoro svolto da Lasta nell’esecuzione di tre copie di ritratti originali del XVIII e XIX secolo.

Mecenati, istituzioni, ma anche amicizie ed affetti. Così rivelano le cartoline di Luigi Pizzini, artista talentuoso e già affermato, che si susseguono ad intervalli regolari dal 1910 fino al 1913; brevi ed affettuosi saluti dalle località Trentine, che, da una rispettosa formalità, con il tempo assumono l’espressione di una sentita amicizia. Ormai attraversata la soglia dell’incertezza e giunto alla piena consapevolezza di sé, Attilio approda a Venezia chiamato da Nino Barbantini, segretario dell’Opera Bevilacqua La Masa, per esporre alla mostra di Ca’ Pesaro del 1913. L’invito, un cartoncino brunito che ha l’odor acre di un tempo ormai lontano, nel suo perfetto stato di conservazione si mostra a noi come un ricordo gelosamente preservato.

Invece, pregne di speranza sono le cartoline inviate e ricevute da Lasta durante il periodo della guerra, nella quale era arruolato come Kriegsmaler nell’esercito austroungarico. La Feldpostkarte, (cartolina da campo), perde il suo significato letterale, diventando l’oggetto nel quale sono racchiusi i sentimenti di coloro che hanno abbandonato tutto per assolvere al compito assegnatogli, e dei famigliari che attendono il loro ritorno.

Proseguendo, è del 1922 la dedica apposta da Riccardo Zandonai sulla riduzione per voce e pianoforte, adagiata nella vetrinetta al centro della biblioteca, dell’opera Giulietta e Romeo che così recita: “Al carissimo amico Attilio Lasta – come piccolo segno di riconoscenza – da artista a artista”. Frequenti erano le dediche e le cartoline indirizzate ad Attilio, come quella raffigurante Serrada innevata e firmata da Elio Martinelli, Luigi Vicentini e Diego Costa del 1931, a dimostrazione del bel sodalizio instauratosi tra gli artisti trentini. Un altro esempio ci viene dalla lettera dattiloscritta del Sindacato interprovinciale belle arti di Trento datata 1939, a firma Gino Pancheri (segretario del sindacato), nella quale viene comunicato l’acquisto di un lavoro di Lasta, probabilmente per intercessione dello stesso Pancheri.

Lo sguardo, rapito dai molti documenti, si sofferma ora sul sottile fogliettino rettangolare nel quale Remo Wolf invita, tra gli altri, Attilio Lasta a spedire all’Accademia degli Agiati una breve nota biografica, una foto di un’opera ed una che lo ritrae. Conclude l’esposizione la missiva di Cesare Mayr, titolare della Galleria Leonardo di Bolzano, del 1974, nella quale scrive: “Mi creda che sarebbe per me grande ambizione dedicare la mia Galleria al migliore artista trentino”. Ad accompagnare il materiale cartaceo, sulla parete di destra, subito dopo l’ingresso, sono esposte cinque opere che riassumono l’evoluzione pittorica del Maestro, dal periodo accademico fino alla maturità, che trova espressione compiuta nelle nature morte.

Articolo di Warin Dusatti, Arte Trentina, Anno I - N. 2, Gennaio 2020

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ATTILIO LASTA

Attilio Lasta nasce a Villa Lagarina (Trento) il 27 aprile 1886, da una famiglia benestante. Nel 1900, dopo aver frequentato le Scuole Popolari, assieme alla sorella Maria si reca a studiare nel collegio di Anras, nel Tirolo orientale, iscrivendosi al corso professionale di artigianato e pittura. Durante questi anni concorre al Premio della Dieta di Vienna, vincendo un diploma e 300 corone grazie ad un disegno ad olio. Nel 1902 ritorna a Villa Lagarina, iniziando ad esporre. Nello stesso anno partecipa a Verona ad una mostra collettiva tenuta al Palazzo della Gran Guardia.

Nel 1906 si trasferisce a Milano frequentando lo studio di Cesare Tallone, insegnante a Brera, famoso paesaggista e ritrattista. Nella città lombarda conosce Bartolomeo Bezzi e Filippo Carcano. Segue gli artisti legati all’Arte Nuova e quelli della Scapigliatura. Rimane affascinato dalle opere di Giovanni Segantini, di cui subisce l’influenza cromatica. Intraprende un viaggio a Maloja, in Svizzera, per meditare sulla tomba dell’artista trentino. Nel 1910 si reca a Verona per mostrare i suoi lavori alla Galleria La Gran Guardia, diretta dal maestro Carlo Donati: ne vengono accettati due, Vecchi roveri e Chiaro di luna. Nel 1912 fu richiamato a Venezia da Nino Barbantini, segretario dell’Opera Bevilacqua La Masa, per far parte del gruppo degli artisti che esponevano a Ca’ Pesaro, dove espose anche nel 1913. L’anno seguente è invitato a Roma alla Mostra della Secessione Romana. Qualche mese prima era a Venezia alla mostra organizzata dagli artisti respinti dalla Biennale, mostra tenutasi presso i saloni dell’Hotel Excelsior. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale – siamo nel 1914 – viene arruolato nell’esercito austroungarico. Dopo numerosi spostamenti lo troviamo a Wels, in Bassa Austria, assieme a Luigi Ratini, dove esercita la pittura come “Kriegsmaler”, pittore di guerra. Nel 1918 gli artisti appartenenti all’“Ersatzbataillon” espongono le loro opere nella Volkshalle di Wels.

Ritornato in patria trascorre il tempo tra Villa Lagarina e Cles, in val di Non, dove abita il fratello, dipingendo case rustiche di montagna e dedicandosi completamente al paesaggio. Nel 1928 viene assunto come impiegato alla Banca Popolare di Villa Lagarina e abbandona l’attività pittorica. La riprende nel 1932 dopo aver lasciato il posto di lavoro. Incomincia a dipingere nature morte. Nel frattempo intensifica le esposizioni personali e collettive. Nel 1946 lo troviamo alla “Mostra della Pittura Trentina dell’800 e del ‘900”, tenuta al Castello del Buonconsiglio a Trento.

Divenuto una celebrità in regione, si ritira a Villa Lagarina, continuando a lavorare e dedicandosi esclusivamente alle nature morte. Nel 1971 il comune di Villa Lagarina allestisce una sua esposizione antologica. Muore il 20 gennaio 1975, alla vigilia dei novant’anni.

Fiorenzo Degasperi


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